Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12; 
    contro la Regione Molise, in persona del Presidente della  Giunta
regionale pro-tempore; 
    per la declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.
12, comma 5, lettera a), della legge Molise n. 1 del 30  aprile  2020
pubblicata nel B.U.R. n. 39 del 30  aprile  2020  recante  «Legge  di
stabilita' regionale 2020». 
    Nel B.U.R. Molise del 30 aprile 2020, n. 39 e'  stata  pubblicata
la legge regionale 30 aprile 2020, n. 1, recante «Legge di stabilita'
regionale 2020». 
    In particolare l'art.  12,  comma  5,  lettera  a),  della  legge
Regione Molise n. 1/2020 cosi' dispone: 
        «5. Alla legge regionale 10 agosto 1993, n. 19 (norme per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio), sono apportate le seguenti modifiche: 
          a) dopo il comma 1, dell'art. 27, e' aggiunto  il  seguente
comma: "1-bis. Ai fini della  tutela  del  patrimonio  agroforestale,
socio-economico, sanitario e nel riequilibrio ecologico  della  fauna
selvatica, qualora la presenza sul territorio regionale di una specie
faunistica venabile risulti eccessiva, la Giunta regionale,  ai  fini
della riduzione delle  criticita'  arrecate,  puo'  con  propri  atti
estendere  il  periodo  del  prelievo  venatorio  per  l'intero  arco
temporale  inteso  dall'inizio  al   termine   dell'intera   stagione
venatoria». 
    Il Presidente del Consiglio ritiene che tale norma di  legge  sia
censurabile in quanto si pone in contrasto con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), della Costituzione. 
    Propone, pertanto, questione di  legittimita'  costituzionale  ai
sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1)  Violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s)   della
Costituzione in relazione alla legge 11 febbraio 1992, n. 157. 
    Come ben noto, la vigente  normativa  in  materia  di  protezione
della fauna selvatica e di  prelievo  venatorio  e'  contenuta  nella
legge 11 febbraio 1992, n. 157, concernente «Norme per la  protezione
della fauna selvatica omeoterma e per il  prelievo  venatorio»,  tale
legge,  secondo   la   giurisprudenza   di   codesta   ecc.ma   Corte
costituzionale, individua, ai sensi  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione,  il  nucleo  minimo  di  salvaguardia
della  fauna  selvatica,  il  cui  rispetto  deve  essere  assicurato
sull'intero territorio nazionale (Corte costituzione n. 233/2010). 
    Al  riguardo,  codesta  Corte  costituzionale  ha  affermato  che
«spetta  allo  Stato,  nell'esercizio  della   potesta'   legislativa
esclusiva in  materia  di  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,
prevista  dall'art.   117,   secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione, stabilire standard minimi e uniformi  di  tutela  della
fauna, ponendo regole che possono essere  modificate  dalle  Regioni,
nell'esercizio della loro potesta' legislativa in materia di  caccia,
esclusivamente  nella  direzione  dell'innalzamento  del  livello  di
tutela» (ex plurimis sentenze n. 303 del 2103, n. 278, n.  116  e  n.
106 del 2012). 
    Cio' posto, l'esame, in  punto  di  legittimita'  costituzionale,
della norma regionale  di  cui  si  discute  impone  una  preliminare
ricostruzione delle previsioni legislative  statali  suscettibili  di
assumere, in materia, la valenza di parametri interposti,  in  quanto
espressione della competenza esclusiva dello Stato a  porre  standard
uniformi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema non derogabili  in
peius dalle regioni. 
    In questa prospettiva, occorre tener conto, anzitutto,  dell'art.
18 della legge n. 157 del 1992 che, rispettivamente, ai commi 1 e  2,
disciplina l'esercizio venatorio per specie e periodi predeterminati,
i cui termini temporali possono  essere  modificati,  per  specifiche
specie, in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realta'
territoriali, riconoscendo  alle  Regioni  siffatta  facolta'  previa
autorizzazione da rilasciarsi  a  seguito  di'  parere  dell'Istituto
nazionale per la fauna selvatica (oggi: ISPRA). 
    Il successivo art. 19, comma 2 della suddetta legge  n.  157  del
1992, intesta, invece, alle regioni  il  controllo  delle  specie  di
fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo,
esercitato selettivamente, viene praticato di norma  mediante  metodi
ecologici, su parere dell'Istituto nazionale per la fauna  selvatica.
Solo laddove ISPRA verifichi l'inefficacia dei  predetti  metodi,  le
regioni possono autorizzare piani di  abbattimento,  i  quali  devono
essere   attuati   dalle   guardie   venatorie    dipendenti    dalle
amministrazioni provinciali, che potranno a propria  volta  avvalersi
dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si' attuano i  piani
medesimi,  purche'  muniti  di  licenza  per  l'esercizio  venatorio,
nonche' delle guardie forestali e delle guardie comunali munite della
stessa licenza. 
    Nell'ambito  di   tale   cornice   normativa   primaria   statale
s'inserisce l'art. 12 della legge regionale Molise n. 1 del 2020, che
sotto la rubrica «Modifiche di leggi regionali», al comma 5,  lettera
a), nel recare modifiche alla legge regionale 10 agosto 1993, n.  19,
stabilisce che «dopo  il  comma  1,  dell'art.  27,  e'  aggiunto  il
seguente  comma:  "1.-bis.  Ai  fini  della  tutela  del   patrimonio
agroforestale,  socio-economico,   sanitario   e   nel   riequilibrio
ecologico della fauna selvatica, qualora la presenza  sul  territorio
regionale di una specie faunistica  venabile  risulti  eccessiva,  la
Giunta regionale, ai fini della riduzione delle criticita'  arrecate,
puo' con propri atti, estendere il periodo del prelievo venatorio per
l'intero arco temporale inteso  dall'inizio  al  termine  dell'intera
stagione venatoria.» 
    Trattasi di una disposizione che consente - omettendo altresi' il
richiamo della dovuta consultazione dell'ISPRA - di estendere  l'arco
temporale  del  prelievo  venatorio  di  specie  animali   selvatiche
all'intero periodo intercorrente tra le date di apertura  e  chiusura
della complessiva stagione di caccia, ponendosi in  aperto  contrasto
con le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 18 della  legge  n.
157/92. 
    Cio' posto, si evidenzia quanto segue. 
    L'estensione   del   prelievo   venatorio   all'intera   stagione
venatoria, stabilito dal neo-introdotto comma  1-bis,  dell'art.  27,
della legge regionale 10 agosto 1993, n. 19, si pone in contrasto con
il disposto di cui all'art. 18, comma 2, della legge n. 157 del 1992,
per effetto del  quale,  ad  ogni  specie  cacciabile  di  uccelli  e
mammiferi, e' associato un periodo di caccia, il cui  arco  temporale
e'  nella  maggior  parte  dei  casi  piu'  ristretto   del   periodo
intercorrente tra la terza settimana di settembre (o 1° settembre,  a
seconda dei casi) ed il successivo 31 gennaio. 
    Il suddetto art. 18, comma  2,  della  legge  n.  157  del  1992,
precisa, infatti, al primo  capoverso,  che  «i  termini  di  cui  al
comma 1 possono essere modificati per determinate specie in relazione
alle situazioni ambientali delle  diverse  realta'  territoriali.  Le
regioni  autorizzano  le  modifiche,  previo   parere   dell'istituto
nazionale per la fauna selvatica. I termini  devono  essere  comunque
contenuti tra il 1° settembre ed il 31 gennaio dell'anno nel rispetto
dell'arco temporale massimo indicato al comma 1». 
    L'intervento regionale viene, infatti,  consentito  espressamente
dalla legge dello Stato, proprio allo  scopo  di  modulare  l'impatto
delle previsioni generali recate dalla normativa statale, in tema  di
calendario venatorio e specie cacciabili, sulle specifiche condizioni
dell'habitat   locale,   alla   cui   verifica    ben    si    presta
un'amministrazione radicata sul territorio. 
    In questa prospettiva, l'art. 18 della legge n. 157 del 1992,  se
da un lato predetermina gli esemplari abbattibili, specie per  specie
e nei  periodi  indicati,  dall'altro  lato,  permette  alla  Regione
l'introduzione di limitate deroghe ispirate a una simile finalita', e
chiaramente motivate con riguardo a profili di natura scientifica: ne
e' conferma la previsione del parere dell'Istituto superiore  per  la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), richiesto  dall'art.  18,
comma  2,  e  dall'art.  18,  comma  4,  con  specifico   riferimento
all'approvazione del calendario venatorio (sentenza n. 20 /2012 della
Corte costituzionale). 
    Lo stesso art. 18 della n. 157 dei 1992 garantisce «nel  rispetto
degli obblighi comunitari contenuti  nella  direttiva  n.  79/409/CEE
relativa alla conservazione degli uccelli selvatici, standard  minimi
ed uniformi di tutela della fauna sull'intero  territorio  nazionale,
assume natura di norma fondamentale di riforma economico/sociale,  in
quanto  implica  il  nucleo  minimo  di  salvaguardia   della   fauna
selvatica,  il  cui  rispetto  deve  essere  assicurato   sull'intero
territorio nazionale» (Corte costituzionale, sentenza n. 233 del 2010
e sentenze n. 227 del 2003 e n. 536 del 2002). 
    In base alle norme statali  ora  indicate,  infatti,  le  regioni
possono modificare la disciplina generale, stabilita dal comma 1  del
citato art. 18, solo per particolari specie e in considerazione della
peculiare  situazione  ambientale,  all'esito  di   un   procedimento
amministrativo che richiede l'acquisizione del  parere  dell'Istituto
nazionale per la fauna selvatica (attualmente Istituto superiore  per
la  protezione  e  la  ricerca  ambientale,  ISPRA,  in   forza   del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante  «Disposizioni  urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita',  la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria»,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto  2008,  n.  133);
procedimento a conclusione del quale le regioni adottano annualmente,
entro il 15 giugno, il calendario regionale e il regolamento relativi
all'intera annata venatoria. 
    La  prevista  estensione   temporale   del   prelievo   venatorio
all'intero arco temporale normativamente sancito  dai  commi  1  e  2
dell'art. 18 della legge n. 157 del 1992, comporta una violazione del
principio, stabilito dalla norma statale, per  cui  la  procedura  di
deroga  correlata  alle  particolari  condizioni  territoriali   deve
espletarsi con cadenze predeterminate, alfine di consentire all'ISPRA
una corretta e sempre attuale valutazione della situazione ambientale
e della consistenza delle  specie  di  fauna  sottoposte  a  prelievo
venatorio. 
    Cio' tenuto altresi' conto del fatto che l'art. 18 della legge n.
157 del 1992 attribuisce, d'altra parte, alle regioni, in materia  di
calendario venatorio, una competenza non  legislativa,  ma  meramente
«autorizzatoria»,   da   esercitare   a   mezzo   di    provvedimenti
amministrativi che dovranno ex se conformarsi al dettato  legislativo
primario. 
    Si aggiunge, altresi', per coerenza di trattazione,  che  codesta
Corte costituzionale, con  la  sentenza  n.  278  del  2012  ha  gia'
dichiarato l'incostituzionalita' di analoghe  norme  della  Provincia
autonoma di Bolzano (art. 2, comma  2,  l.p.  n.  14/2011),  che  per
talune  specie  (cinghiale,  volpe,  lepre  bianca,  pernice  bianca)
prevedevano un periodo di cacciabilita' piu' esteso rispetto a quello
fissato dal legislatore  statale  ai  commi 1  e  2  del  piu'  volte
richiamato art. 18  della  legge  n.  157  del  1992,  norma  statale
interposta per finalita' di tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema,
ai  sensi  dell'art.  117,   secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione. 
    In merito,  poi,  all'attivita'  di  controllo  in  assenza,  tra
l'altro, della necessaria interlocuzione con ISPRA, l'art. 19,  comma
2, della legge n. 157 del 1992, come gia' posto in rilievo,  consente
alle regioni il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle
zone vietate alla caccia, al  fine  di  migliorare  la  gestione  del
patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi  sanitari,
per  la  selezione  biologica,   per   la   tutela   del   patrimonio
storico-artistico e per quella delle produzioni zoo-agroforestali  ed
ittiche. Tuttavia tale  controllo,  esercitato  selettivamente,  puo'
essere praticato - di norma - attraverso  metodi  ecologici,  sentito
l'ISPRA. 
    Solo nel caso in cui tale Istituto  verifichi  l'inefficacia  dei
predetti  metodi,   le   regioni   possono   autorizzare   piani   di
abbattimento. Questi  ultimi  devono  essere  attuati  dalle  guardie
venatorie dipendenti dalle amministrazioni  provinciali,  insieme  ad
una serie di altri soggetti  abilitati  da  detta  normativa  statale
interposta. 
    La norma impugnata non e', pertanto,  conforme  al  principio  di
gradualita' espresso nell'evocata disposizione statale,  dal  momento
che prescrive in via immediata e diretta  un'attivita'  di  controllo
(recte: prelievo venatorio), senza  prevedere  il  parere  dell'ISPRA
circa la previa efficace esperibilita'  dei  rimedi  ecologici  (cfr.
sentenza n. 278 del 2012 della Corte costituzionale). 
    Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro  normativo
eurounitario e statale in cui  si  colloca  la  tutela  delle  specie
oggetto della disposizione censurata, si rileva  il  contrasto  della
norma regionale con il secondo comma, lettera s), dell'art. 117 della
Costituzione, poiche' tendente a  ridurre  in  peius  il  livello  di
tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione  nazionale,
invadendo illegittimamente la competenza legislativa esclusiva  dello
Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    Per i  motivi  esposti,  si  ritiene  di  proporre  l'impugnativa
dinanzi alla Corte costituzionale della legge della Regione Molise n.
1 del 2020 limitatamente  all'art.  12,  comma  5,  lettera  a),  per
violazione  dell'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione, in relazione ai parametri statali specificati.